La risposta al quesito non è semplice e ancora il mondo scientifico ha pareri discordanti.
Un interessante lavoro condotto da studiosi dell’Università del Maryland, appartenenti al Global Virus network, ha evidenziato, fino alla prima decade di marzo 2020, una correlazione tra la diffusione del virus e il clima tipico di una fascia ben precisa compresa tra i paralleli 30-50 N. Il clima che caratterizza le regioni che si trovano in questa fascia presenta, infatti, caratteristiche simili sia in termini di temperature che di umidità. La maggior diffusione del virus, mostrano gli studiosi, è avvenuta proprio in questa fascia secondo una distribuzione est-ovest, in condizioni di temperature comprese fra i 5 e gli 11°C e umidità compresa tra il 47 e il 79% e con valori relativamente stabili per un periodo superiore a un mese. Tra le aree più colpite sono risultate, in seguito, Stati Uniti nord occidentali e Francia.
Allo stesso tempo, la diffusione di COVID-19 non si è verificata in modo evidente nei paesi situati a latitudini maggiori o inferiori a quella dei paesi appartenenti alla suddetta fascia (il virus infatti non è riuscito a diffondersi con intensi focolai nei paesi immediatamente a nord e sud della Cina). Gli studiosi del Maryland, a tal proposito, hanno evidenziato come successivi focolai di diffusione corrispondessero anche’essi alla fascia sopra individuata (Stati Uniti nord-orientali, Spagna, Germania e Inghilterra) facendo un appunto sulle aree più fredde appartenenti alle latitudini più settentrionali e meridionali che sono state relativamente libere (al momento dello studio) da COVID-19. Lo studio ipotizza un potenziale intervallo minimo per la temperatura che potrebbe essere dovuto al fatto che temperature troppo basse risulterebbero inadatte per il virus, influenzandone la vitalità. Sono infatti numerosi gli studi che sottolineano la totale assenza di forme virali tra le popolazioni che abitano nelle regioni del circolo polare artico. Esperimenti effettuati nel laboratorio dell’università del Maryland, mostrano che tutto quanto detto sopra potrebbe indicare una potenziale relazione diretta tra temperatura, sopravvivenza e diffusione del COVID-19: vi è una similitudine tra la temperatura media (5-11 °C) e umidità (47-79%) nelle città colpite e le condizioni di laboratorio note che favoriscono la sopravvivenza del COVID-19 (temperatura media 4 °C e umidità 20-80%).
I risultati di tale studio non considerano però altre variabili di fondamentale importanza legate agli aspetti socio-economici; in particolare, la fascia latitudinale che presenta la massima diffusione del virus è anche la porzione del pianeta che presenta i maggiori scambi commerciali ed anche una maggiore interazione sociale tra diverse classi generazionali. Riguardo a questo argomento, uno studio internazionale del Leverhulme Centre for Demographic Science (University of Oxford & Nuffield College, UK) e intitolato “Demographic science aids in understanding the spread and fatality rates of COVID-19”, analizza appunto l’importanza degli aspetti sociali della diffusione del COVID-19 sottolineando il ruolo della demografia, in particolare la struttura per età della popolazione, nello spiegare le differenze nei tassi di trasmissione e di mortalità a livello internazionale.
La comunità scientifica sta lavorando a fondo sull’argomento e, chiaramente, quella del Maryland è una fra le tante ricerche che gli studiosi di tutto il mondo stanno portando avanti in questi giorni.
Altri lavori sull’argomento, effettuati da ricercatori cinesi della Beihang University e della Guangzhou University e pubblicati di recente, confermano la possibile relazione tra temperatura e umidità e diffusione del virus. Trovare una relazione tra condizioni microclimatiche e vitalità del virus, dimostrando pertanto una stagionalità dello stesso, risulterebbe molto interessante non solo da un punto di vista scientifico, ma anche da quello sanitario perché vorrebbe dire che la stagione estiva potrebbe risultare la più importante soluzione alla pandemia.
Un altro recentissimo e interessante lavoro sul tema è portato avanti dai ricercatori della Colorado State University che stanno investigando l’eventuale risposta del virus a fattori stagionali e meteorologici. La ricerca che stanno conducendo si basa, in sintesi, sul ricovero ospedaliero dei pazienti affetti da COVID-19 in Cina, Singapore ed altri paesi, e situazione meteorologica corrispondente (temperatura e umidità relativa), in modo da poter ricavare informazioni sulla velocità di diffusione del virus. In altre parole, utilizzando i dati meteorologici dei modelli previsionali della NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration), vogliono capire se la previsione della diffusione del virus può seguire i modelli usati per le previsioni meteorologiche. Fine ultimo è quello di sviluppare delle mappe “meteorologiche” del virus per fornire informazioni fondamentali per una pronta gestione della sua diffusione. Dai primi risultati che sono stati ottenuti, i ricercatori ipotizzano un impatto delle variabili meteorologiche sulla diffusione del virus. Mentre la pandemia globale costringe intere nazioni all’isolamento, la ricerca continua dedicandosi allo studio del virus e alle relazioni che esistono tra condizioni ambientali e sviluppo.
Nell’emisfero boreale l’estate si sta avvicinando e con essa le temperature aumenteranno notevolmente, presupponendo, si spera, un rallentamento o uno stop alla diffusione del virus. È vero però che le aspettative di una minore diffusione del virus potrebbero essere auspicabili perché il periodo estivo è caratterizzato anche da una maggiore vita all’aria aperta con minore frequentazione di ambienti chiusi, luoghi in cui avviene la maggior parte dei contagi.
Molti esperti, a tal proposito, hanno già messo in guardia dal non sperare troppo che l’estate possa fermare la diffusione del virus. Come affermato da Nancy Messonnier, del U.S. Centers for Disease Control and Prevention, alcuni virus raggiungono il picco all’inizio o alla fine dell’inverno, altri in primavera, estate o autunno. Alcuni hanno picchi stagionali diversi a seconda della latitudine ed altri ancora non hanno alcun ciclo stagionale.
D’altro canto è anche vero che molte forme influenzali generalmente si sviluppano e si diffondono rapidamente in inverno, in condizioni di basse temperature e bassa umidità relativa; pertanto, il COVID-19 potrebbe aver seguito e seguire (a meno di eventuali mutazioni) lo stesso pattern. C’è da dire anche che durante il periodo invernale le forme influenzali risultano molto aggressive perché i tessuti che compongono le nostre vie aeree superiori sono più vulnerabili e, di conseguenza, più aggredibili da parte dei virus.
Tutto quello che possiamo fare è aspettare nuovi risultati e sperare che con l’arrivo della stagione estiva il COVID-19 arresti la sua diffusione… ma cosa succederà in autunno?
Fonti bibliografiche
Jennifer Beam Dowd, Valentina Rotondi, Liliana Andriano, David M. Brazel, Per Block, Xuejie Ding, Yan Liu, & Melinda C. Mills of the Leverhulme Centre for Demographic Science, University of Oxford & Nuffield College, UK. Demographic science aids in understanding the spread and fatality rates of COVID-19 DOI 10.17605/OSF.IO/SE6WY
Mao Wang, Aili Jiang, Lijuan Gong, Lina Luo, Wenbin Guo, Chuyi Li, Jing Zheng, Chaoyong Li, Bixing Yang, Jietong Zeng, Youping Chen, Ke Zheng, Hongyan Li: Temperature Significantly Change COVID-19 Transmission in 429 cities. Available at https://www.medrxiv.org/content/10.1101/2020.02.22.20025791v1
doi: https://doi.org/10.1101/2020.02.22.20025791
Matthew Rogers: Weathering the pandemic: How CSU researchers could use forecast models to predict spread of COVID-19 (March, 27, 2020). Available at
https://engr.source.colostate.edu/weathering-the-pandemic-how-csu-researchers-could-use-forecast-models-to-predict-spread-of-covid-19/?fbclid=IwAR0Fc9HrULted-fT7gfOV3IfIdqYujrOfRslwS9U97wDOB6KynuG-Tre_Ac
ScienceMag.org https://www.sciencemag.org/news/2020/03/why-do-dozens-diseases-wax-and-wane-seasons-and-will-covid-19?utm_campaign=news_daily_2020-03-16&et_rid=17776559&et_cid=3247632
Wang, Jingyuan and Tang, Ke and Feng, Kai and Lv, Weifeng: High Temperature and High Humidity Reduce the Transmission of COVID-19. (March 9, 2020). Available at SSRN: https://ssrn.com/abstract=3551767 or http://dx.doi.org/10.2139/ssrn.3551767