Per spiegare l’importanza delle tradizioni della lana in Toscana, non si può non far riferimento ad una delle sette Arti Maggiori delle corporazioni di Arti e Mestieri di Firenze: l’Arte della Lana, una, tra l’altro, delle più potenti.
Fino al XVI secolo Firenze è stata, infatti, luogo di una grande e fiorente attività laniera. La città raggruppava tutti i lavoratori della filiera della lana, dagli operai agli artigiani, agli imprenditori e ai commercianti); la qualità del panno fiorentino era riconosciuta in tutta Europa.
Al principio i panni di lana venivano prodotti in piccole botteghe o in conventi ma con lo sviluppo dell’industria laniera, il commercio della lana crebbe molto al punto che l’Arte della Lana divenne una delle più potenti, iniziando ad organizzarsi come corporazione.
Le corporazioni riunivano sotto un vessillo persone appartenenti alla stessa categoria lavorativa. Chi faceva parte di una corporazione doveva accettare e rispettare rigide regole comuni con lo scopo di proteggere e promuovere quell’arte (o quel mestiere) aiutandosi reciprocamente. La prima corporazione delle arti e mestieri fu proprio quella della lana, o dei Calimala o Arte dei Mercanti nel XII secolo. Lo stesso nome, Calimala, deriva con molta probabilità dal greco “Kalos Mallos”, bella lana, con riferimento alla pregiata qualità delle lane qui fabbricate. In via calimala, infatti, risiedevano le migliori botteghe della lana e, in un crocevia formato da via Calimala, via dell’Arte della lana e via Orsanmichele, anche la sede della corporazione: il Palazzo dell’Arte della Lana.
L’Arte della lana si concretizza con la realizzazione di capolavori degni della maestria sartoriale fiorentina, capolavori che hanno accompagnato nel corso dei secoli personaggi illustri del panorama fiorentino e non solo.
Così come per Firenze, testimonianze di un’intensa attività laniera risalgono agli inizi del XII secolo a Prato. L’attività economica di Prato si basava prevalentemente sulla lavorazione della lana. Le acque del fiume Bisenzio servivano per risciacquare i panni tinti e per muovere i mulini delle gualchiere (edifici nei quali veniva praticata la follatura della lana).
Nel corso dei secoli Prato divenne centro di una (quella della lavorazione della lana) delle tradizioni più rappresentative della Valle del Bisenzio. La gestione della produzione e della lavorazione era in mano alla potente Corporazione dell’Arte della Lana.
La corporazione aveva sede a Firenze ma l’arte della lana era diffusa in altre parti della regione: in Casentino l’attività tessile era molto fiorente e proprio qui, a Stia (in provincia di Arezzo), nacque il famoso panno Casentino: un panno di lana rustica che veniva al principio usato per coprire il bestiame e le popolazioni che vivevano sull’Appennino. In seguito il panno fu apprezzato anche dai Medici: sembra infatti che agli inizi del 1400 gli abitanti del Palagio Fiorentino di Stia pagassero le “gabelle” (le tasse) a Firenze, usando proprio i panni di lana del Casentino.
L’importanza dell’attività tessile portò al primo insediamento insediamento industriale del Casentino: Il lanificio di Stia, costruito nel XVI secolo, uno dei principali lanifici di tutta la Toscana. La lana, ancora oggi, è fondamentale per l’economia e la cultura casentinese e il Museo dell’Arte della Lana di Stia, che sorge proprio nell’antico complesso del Lanificio locale, ne dimostra l’importanza. L’economia della zona ruotò intorno al Lanificio di Stia dalla metà dell’Ottocento alla metà del XX secolo e divenne, nei primi decenni del Novecento, uno dei principali lanifici italiani.
La storia della lana in Toscana affonda le sue radici nel passato e sembra incredibile che oggi quella fibra così apprezzata e oggetto di scambi commerciali importanti, sia diventata un prodotto di cui disfarsi. Si tratta, come accennato in precedenza, della lana proveniente da razze maggiormente allevate in Europa che non riesce ancora a trovare un impiego stabile ed una filiera dedicata.