Si è tenuto il 25 novembre l’incontro di presentazione del progetto ReViVal che porterà i viticoltori toscani a dare identità ai loro vini con botti e carati prodotti dal legname di castagno dei boschi del territorio. Un progetto coordinato dalla Fondazione per il Clima e la Sostenibilità che porterà alla ricostruzione di una filiera legno-vino in grado di valorizzare gli usi del legno locale.
Il progetto ReViVaL – Il vino nel legno: Realizzazione dei Vasi Vinari con Legno locale – finanziato nell’ambito della sottomisura 16.2 del Bando del GAL-Start della Regione Toscana, avrà come area di studio il Mugello, una regione a forte vocazione agricola e forestale coperta da bosco per il 65% della superficie totale. I risultati di un progetto preliminare svoltosi nel 2015 nell’area del Chianti, insieme a un attento lavoro di ricerca storica sullo stretto connubio presente nei secoli scorsi tra il legno di castagno e il vino toscano, sono riportati nella pubblicazione Il vino nel legno (Firenze University Press) del professor Raffaello Giannini dell’Università di Firenze, responsabile scientifico di ReViVaL.
Partendo da quei primi risultati e incoraggiati da un rinnovato interesse da parte delle aziende vinicole della regione, il nuovo progetto si prefigge lo scopo di ricreare e razionalizzare oggi la filiera legno-vino del legno di castagno per la costruzione di vasi vinari.
Il valore del progetto è quello di unire due filiere in grado di sostenersi a vicenda: da una parte quella del vino toscano alla ricerca di elementi di caratterizzazione e identità che la leghino al suo territorio e la rendano sempre più riconoscibile agli occhi dei mercati e dei consumatori, dall’altra quella forestale che necessita di individuare usi e prodotti di pregio per migliorare i margini necessari per la sua stessa sopravvivenza, fondamentale per la tenuta ambientale ed economica dei territori stessi.
Il legno di castagno che già nei vigneti fa da supporto alle viti in quanto ampiamente usato per la realizzazione dei pali, potrà tornare in cantina e divenire contenitore per il vino e sostegno alla sua promozione, mentre il vino e il suo valore potranno essere valido sostegno per la filiera forestale.
Dopo i saluti introduttivi di Federico Ignesti, Sindaco dell’Unione Montana del Mugello, Stefano Santarelli del GAL Start, soggetto finanziatore e di Simone Orlandini, presidente della Fondazione Clima e Sostenibilità, Raffaello Giannini ha aperto i lavori con la presentazione del progetto preliminare conclusosi nel 2015.
È stata quindi la volta dei partner scientifici che hanno presentato le attività che si svolgeranno allo scopo di creare gli strumenti, i metodi e le competenze necessari per la valutazione della disponibilità e della qualità del legname adatto alla produzione di doghe, la loro realizzazione in segheria, la stagionatura, la costruzione del carato e il suo utilizzo in cantina.
La stima della consistenza dei castagneti del Mugello e della loro qualità, ha spiegato Davide Travaglini del DAGRI dell’Università di Firenze, integrerà metodi di monitoraggio e livelli di indagine diversi, che confluiranno in modelli e mappe tematiche per guidare gli utilizzatori a identificare i boschi più adatti alla nuova filiera.
Nella fase successiva ha aggiunto il collega Marco Togni, le valutazioni si sposteranno sulla qualità dei segati e avranno lo scopo di creare un metodo e uno standard che permetta di classificare, identificare i difetti e selezionare presso le segherie i prodotti idonei alla produzione di doghe.
Sarà il CNR IBE di Firenze a seguire la caratterizzazione fisico chimica del legno di castagno nelle sue proprietà compositive e strutturali, in comparazione a quanto misurato e riportato in letteratura per il rovere europeo o americano, utilizzato nella costruzione delle barrique. Le diverse caratteristiche di struttura e densità del legno di castagno, ha spiegato Michele Brunetti, possono influire sulla permeabilità (ai liquidi e ai gas) e su altri aspetti tecnologici. La composizione in composti estraibili ceduti al vino nel corso della maturazione sarà analizzata in gas cromatografia associata a spettrometria di massa dopo derivatizzazione. “Pensando alle possibili ricadute – ha osservato Brunetti – L’occasione potrà essere utile anche per promuovere la nascita e la diffusione di marchi territoriali legati alla filiera del legno locale, come già si sta facendo per il Legno della Foresta Modello delle Montagne Fiorentine.”
Una parte del progetto, svolta dal Dipartimento NEUROFARBA dell’Università di Firenze, ed esposta da Marco Pallecchi, focalizzerà infine il suo approfondimento sui composti ad azione potenzialmente nutraceutica presenti nel legno di castagno e da questo ceduti al vino.
Per la produzione di carati di dimensioni paragonabili a quelle della barrique, ha spiegato Mauro Gamba della Fabbrica di botti Gamba, sarà necessario identificare tagli idonei da piante di piccole dimensioni, mentre una particolare attenzione sarà da porre nella valutazione dei tempi ideali di stagionatura e nei livelli di tostatura del legno.
Dal punto di vista enologico le prime prove svolte nelle cantine partner del progetto preliminare hanno consentito di identificare le principali proprietà e i punti critici derivanti dal contatto del legno di castagno con il vino.
I racconti delle esperienze riportate da Marco Chellini, enologo del Castello di Verrazzano, azienda capofila del progetto ReViVaL e da Francesco Rossi, agronomo consulente che ha testato i carati in castagno nell’azienda Capua Winery in Maremma, concordano nel descrivere i vini dopo l’affinamento nel legno di primo passaggio con sentori balsamici e resinosi e tannini astringenti e ruvidi, caratteri che si vanno poi nel tempo amalgamando e che risultano più armonici nei passaggi successivi. Come avvenuto nella ricerca sull’uso delle barrique in rovere saranno quindi necessari approfondimenti sulla combinazione e la gestione dei tagli con vini affinati in legni di diverso passaggio e origine, sull’azione dell’ossigeno e su molti altri fattori.
“Il risultato che abbiamo ottenuto con il Sangiovese in castagno” ha spiegato Luigi Giovanni Cappellini titolare del Castello di Verrazzano “ci ha portato a un vino con una forte personalità che dovrà trovare una sua specifica collocazione e identità sulla tavola, negli abbinamenti con i piatti della gastronomia toscana, così come nella degustazione.”.
“La valorizzazione delle essenze locali e delle risorse legnose presenti nell’azienda stessa che ci ha portato negli anni scorsi a cominciare un’esperienza di uso della rovere e dell’acacia dei nostri boschi e che con il progetto ReViVaL si arricchirà ancora” ha aggiunto Alfredo Massetti della Fattoria di Lavacchio “è molto importante per ricominciare a costruire un percorso di saperi e maestranze che si era perso nelle nostre zone, restituendo speranza a una serie di soggetti presenti nella comunità.”
Quello che si apre è uno scenario del tutto nuovo nel quale l’enologia avrà modo di valutare le molte variabili che da sole o in sinergia possono giocare un ruolo sulla qualità dei vini, ha concluso Raffaello Giannini “L’invito è di collegare il mondo della vitivinicoltura con la selvicoltura per sostenere la rinascita della cultura e dell’imprenditoria del bosco.”.
“Quello che ci immaginiamo di creare con questo progetto” ha aggiunto in chiusura Marco Mancini della Fondazione Clima e Sostenibilità ”è una cantina che a fianco del vigneto segue e ospita la stagionatura del legname ottenuto dai suoi stessi boschi o da quelli del suo territorio per ottenerne doghe e botti per l’affinamento dei vini.”.
Per informazioni
Contatto stampa del progetto: Alessandra Biondi Bartolini – abiondibartolini@tiscali.it tel 335 6214023
Per informazioni sul progetto: Marco Mancini – m.mancini@climaesostenibilita.it